2013/10/30

Quanto rende allo Stato il consumo di una semplice bottiglia di acqua minerale?





E’ ormai cosa risaputa che uno dei prodotti più acquistati dalle famiglie italiane sia l’acqua minerale. 
Infatti l’Italia ha il primato mondiale per il consumo di acqua in bottiglia e il tessuto produttivo si divide tra grandi gruppi industriali (alcuni anche stranieri) e piccole realtà locali.

I più grandi consumatori (seguendo le statistiche 2012 fornite da #Mineracqua) si trovano nel Nord Ovest (30%) con un netto calo per il Nord Est (19%) e una quasi parità tra il Centro e la Sardegna (25%) e il Sud e Isole (26%).

Se ai suoi esordi a fine dell’800, l’industria delle acque minerali era utilizzata per motivi di cura, a metà degli anni ’60 diventa un prodotto di nicchia per poi passare al decennio successivo dove le aziende hanno iniziato ad adottare delle vere e proprie politiche rivolte ad una comunicazione di massa e l’acqua minerale non è stata più vista come curativa ma una vera e propria bevanda dissetante. Ultimo passo a livello storico è stato il contenitore, dal vetro al PET (polietilentereftalato), più leggero e meno costoso.

Se oggi l’acqua ha un’Imposta sul Valore Aggiunto (IVA) del 22%, in passato non era così, infatti era tassata al 10%.

Da una simulazione di Forward sas emerge che l’incasso derivato dall’Iva sull’acqua allo Stato ha fruttato, nel solo 2012, un totale di 456milioni di euro.

Il settore dell’acqua minerale è sempre in crescita, nonostante la crisi.
Come si può dedurre sempre dai dati forniti da #Mineracqua: nonostante le unità imbottigliatrici siano passate da 168 (nel 2011) a 156 (nel 2012) e anche le marche di acque confezionate siano scese di 24 unità, il totale della produzione in milioni di litri è salito di 100 milioni in un anno (12.350 nel 2011 contro i 12.450 nel 2012) per un giro d’affari di 2.300milioni di euro.

Quindi se nel 2012 il consumo medio è stato di 0,52 litri al giorno per abitante, per un totale di 192 litri all’anno, prendendo in esame il costo medio di un’acqua minerale al consumatore  (pari a 0,24 euro al litro), il costo annuale è stato di 46,08 euro ad abitante.

Secondo i dati Istat nel 2012 gli abitanti in Italia erano 59.394milioni, che moltiplicato per il costo annuale di acqua ad abitante, vuol dire che in Italia si sono spesi 2miliardi737milioni di euro per acquistare l’acqua minerale.

Alla fine noi, con il semplice gesto di bere un bicchiere d’acqua minerale, contribuiamo annualmente a far finire nelle casse dello Stato italiano, attraverso l’Iva (imposta valore aggiunto), un importo pari a 456milioni di euro.


I numeri chiave del mercato Italia http://goo.gl/uZmgtj

www.forward-italia.com



2013/10/22

Non tutti i generi alimentari di prima necessità hanno l'Iva al 4%




Sono passate un po' di settimane dal fatidico martedì 1° ottobre 2013, da quando ci siamo alzati con un macigno in più sulle spalle: l'iva (imposta sul valore aggiunto) è passata al 22%! E pensare che fino a metà settembre di solo due anni fa l'iva era al 20%.

Sull'argomento Iva l'Italia si piazza nella via di mezzo tra i paesi europei dove al primo posto si trova l'Ungheria con un tasso del 27% e all'ultimo il Lussemburgo col 15%; è anche vero che in base al genere commerciale in Italia l'iva può essere al 4% o al 10% o al 22%, sempre più vicino al valore dei danesi dove l'iva è fissa al 25%.

In questi giorni molti servizi giornalistici hanno messo in risalto che alcuni generi alimentari di prima necessità si salvano dall'aumento, rimanendo al 4%. Peccato però che pochi hanno specificato nel dettaglio quali categorie merceologiche rimangono al 4%, quali al 10% e quante invece passano al 22%.

"Acqua, caffè, dolci, succhi di frutta, bibite, vino, detersivi, carta igienica, prodotti per gli animali, shampoo, creme, ecc. sono beni che abitualmente compriamo" sottolinea Franco Carpani, CEO della Forward Italia, "ma che alla fine il consumatore pagherà con un tasso del 22%".

La Forward, ditta alessandrina che opera su tutto il territorio nazionale nei servizi di marketing e studi organizzativi per le aziende di distribuzione e produzione, dal suo osservatorio è in grado di valutare l’impatto che questa variazione di aliquota iva avrà sulla spesa quotidiana dei consumatori: si potrebbe ipotizzare un aumento di qualche centinaia di euro a famiglia su base annua.

"E' vero che pane, pasta, latte, rimarranno al 4%, però quasi sicuramente aumenteranno inevitabilmente anche loro a causa dei costi relativi ai servizi che ruotono intorno al prodotto, in primis il trasporto. Infatti a distanza di pochissimi giorni, in alcune catene della GDO (grande distribuzione) si è già verificato un riallineamento dei prezzi. Il nostro lavoro permette di osservare anche questi cambiamenti che difficilmente il singolo consumatore riuscirebbe a notare, solo perché non ha paragoni di confronto" prosegue Carpani della Forward. 

Dopo anni di  analisi delle politiche di prezzo, studi sulla struttura degli assortimenti, ricerche di mercato sul consumatore e progetti di fattibilità Carpani conclude che "forse, la soluzione, poteva essere quella di studiare un'aliquota univoca, o due sole aliquote come in altri paesi europei, così da non arrivare ad un 22% e perequare i valori di aliquota anche per il peso che i diversi prodotti hanno nella composizione della spesa dei consumatori e delle famiglie italiane".

Sta di fatto che l'Imposta sul Valore Aggiunto (Iva) colpirà il valore aggiunto di ogni fase della produzione e dello scambio di beni e servizi e graverà solo e soltanto sul consumatore finale o, meglio, su tutti quei soggetti che non possono esercitare alcun diritto alla detrazione.