2013/10/22

Non tutti i generi alimentari di prima necessità hanno l'Iva al 4%




Sono passate un po' di settimane dal fatidico martedì 1° ottobre 2013, da quando ci siamo alzati con un macigno in più sulle spalle: l'iva (imposta sul valore aggiunto) è passata al 22%! E pensare che fino a metà settembre di solo due anni fa l'iva era al 20%.

Sull'argomento Iva l'Italia si piazza nella via di mezzo tra i paesi europei dove al primo posto si trova l'Ungheria con un tasso del 27% e all'ultimo il Lussemburgo col 15%; è anche vero che in base al genere commerciale in Italia l'iva può essere al 4% o al 10% o al 22%, sempre più vicino al valore dei danesi dove l'iva è fissa al 25%.

In questi giorni molti servizi giornalistici hanno messo in risalto che alcuni generi alimentari di prima necessità si salvano dall'aumento, rimanendo al 4%. Peccato però che pochi hanno specificato nel dettaglio quali categorie merceologiche rimangono al 4%, quali al 10% e quante invece passano al 22%.

"Acqua, caffè, dolci, succhi di frutta, bibite, vino, detersivi, carta igienica, prodotti per gli animali, shampoo, creme, ecc. sono beni che abitualmente compriamo" sottolinea Franco Carpani, CEO della Forward Italia, "ma che alla fine il consumatore pagherà con un tasso del 22%".

La Forward, ditta alessandrina che opera su tutto il territorio nazionale nei servizi di marketing e studi organizzativi per le aziende di distribuzione e produzione, dal suo osservatorio è in grado di valutare l’impatto che questa variazione di aliquota iva avrà sulla spesa quotidiana dei consumatori: si potrebbe ipotizzare un aumento di qualche centinaia di euro a famiglia su base annua.

"E' vero che pane, pasta, latte, rimarranno al 4%, però quasi sicuramente aumenteranno inevitabilmente anche loro a causa dei costi relativi ai servizi che ruotono intorno al prodotto, in primis il trasporto. Infatti a distanza di pochissimi giorni, in alcune catene della GDO (grande distribuzione) si è già verificato un riallineamento dei prezzi. Il nostro lavoro permette di osservare anche questi cambiamenti che difficilmente il singolo consumatore riuscirebbe a notare, solo perché non ha paragoni di confronto" prosegue Carpani della Forward. 

Dopo anni di  analisi delle politiche di prezzo, studi sulla struttura degli assortimenti, ricerche di mercato sul consumatore e progetti di fattibilità Carpani conclude che "forse, la soluzione, poteva essere quella di studiare un'aliquota univoca, o due sole aliquote come in altri paesi europei, così da non arrivare ad un 22% e perequare i valori di aliquota anche per il peso che i diversi prodotti hanno nella composizione della spesa dei consumatori e delle famiglie italiane".

Sta di fatto che l'Imposta sul Valore Aggiunto (Iva) colpirà il valore aggiunto di ogni fase della produzione e dello scambio di beni e servizi e graverà solo e soltanto sul consumatore finale o, meglio, su tutti quei soggetti che non possono esercitare alcun diritto alla detrazione.

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