2014/05/27

Voi mangereste la pasta oltre il termine minimo di conservazione indicato sulla scatola?

La notizia parte dalla Coldiretti, in riferimento alla riunione di Consiglio Agricoltura in cui si sono affrontate le proposte delle delegazioni di Olanda e Svezia che con il sostegno dell’ Austria, Germania, Danimarca e Lussemburgo chiedono l’esenzione dell'obbligo di indicare in etichetta il termine minimo di conservazione (TMC) “da consumarsi preferibilmente prima” per prodotti come pasta, riso e caffè, attraverso l’estensione del dell’allegato X del regolamento UE 1169/2011.

Mentre state ancora riflettendo sulla risposta, qui di seguito alcuni pareri di esperti del settore alimentare tra cui Vito Rubino, Fabrizio De Stefani.

VITO RUBINO, RICERCATORE PRESSO L'UNIVERSITA' DI ALESSANDRIA
Con l’eliminazione della “data di scadenza” l’Unione Europea taglia di fatto la qualità del cibo in vendita in Europa” si legge sul sito della Coldiretti “che con il passare del tempo perde le proprie caratteristiche nutrizionali in termini di contenuto in vitamine, antiossidanti e polifenoli che fanno bene alla salute ma anche quelle le proprietà organolettiche, di fragranza e sapore dal quale deriva il piacere di stare a tavola”.


 "E' bene precisare che non stiamo parlando di eliminazione della data di scadenza sugli alimenti, ma del loro TMC, ovvero del Termine Minimo di Conservazione" afferma l'Avvocato Vito Rubino, ricercatore presso l'Università di Alessandria. "La differenza è fondamentale, ancorché in alcuni titoli si sia letta una certa confusione. La data di scadenza indica un termine perentorio entro cui il prodotto deve essere consumato, perché le sue caratteristiche lo rendono insicuro oltre quella data. E' il caso dei prodotti freschi microbiologicamente instabili, per i quali si prescrive l'eliminazione oltre la data di scadenza. Il termine minimo di conservazione, identificato per l'appunto con la dicitura "da consumarsi PREFERIBILMENTE entro il..." scritto su taluni alimenti è semplicemente la garanzia che il produttore dà al consumatore circa il fatto che quell'alimento conserverà fino a quella data certamente le sue qualità organolettiche, le caratteristiche nutrizionali etc. Una volta superata tale data la responsabilità del consumo passa all'acquirente, che potrà valutare caso per caso. E' comunque bene ricordare che il prodotto con TMC superato non è pericoloso per la salute". Si tratta infatti di prodotti per i quali il superamento della durata indicata sull’etichetta  non è di per sé associato a un rischio alimentare. A supporto di questa tesi va ricordato che resta un dovere assoluto per tutti gli operatori della filiera, immettere sul mercato alimenti rigorosamente sicuri, come previsto dall’articolo 14 del regolamento CE n. 178/02.
"La proposta nasce dalla constatazione dell'esistenza di enormi sprechi alimentari derivanti in molti casi dalla confusione fra data di scadenza e TMC che spinge i consumatori più sensibili a buttare via molti prodotti a TMC scaduto anche se perfettamente commestibili. Gli stessi venditori si trovano in grosse difficoltà in questi casi, perché per legge quei prodotti possono essere assimilati a "rifiuti" e devono essere smaltiti, quando potrebbero avere un impiego alternativo che ne consenta comunque una valorizzazione. Pensi al caso della Grecia: la crisi economica è così forte da aver indotto il Governo ad approvare norme che consentono la commercializzazione a prezzo ridotto dei prodotti alimentari preconfezionati con TMC superato: in questo modo ampie fascie di popolazione altrimenti prive delle risorse economiche sufficienti per alimentarsi hanno potuto avere accesso al mercato degli alimenti. E' pur vero che su questo tema (come su molti altri nel settore del "food") occorrerebbe informare meglio il consumatore di modo per un verso di metterlo in condizioni di "scegliere" (ad esempio imponendo la data di confezionamento su tutti i prodotti), per altro verso limitando il più possibile le "scelte d'istinto" o dettate dalla paura" suggerisce Rubino.
Appunto gli sprechi "A mio giudizio è un argomento che andrebbe affrontato a livello nazionale, non dovrebbe essere una decisione uguale per tutti Stati della UE; bisognerebbe analizzare e risolvere il problema Stato membro per Stato membro, in base alla sensibilità della popolazione, al grado di conoscenza della materia e, come purtroppo l'esperienza quotidiana ci sta insegnando, anche in relazione alle condizioni economiche esistenti nei diversi contesti".


FABRIZIO DE STEFANI - DIRETTORE DEL DIPARTIMENTO FUNZIONALE DI SANITA' ANIMALE E SICUREZZA
Oltre all'Avvocato Rubino abbiamo chiesto un parere sul delicato argomento anche al Dottore Fabrizio De Stefani  Direttore del Dipartimento funzionale di Sanità Animale e Sicurezza Alimentare presso Aulss n. 4 del Veneto "L'allarme lanciato dalla Coldiretti in riferimento alla riunione del Consiglio dell'agricoltura in cui si affronteranno le proposte di esenzione dell'obbligo di indicare in etichetta il termine minimo di conservazione "da consumarsi preferibilmente prima" per prodotti come pasta, riso, sembra fin dal titolo una capziosa forzatura" così introduce l'argomento De Stefani.
"Nell'articolo, infatti, si fa erroneamente riferimento al requisito della data di scadenza per dei prodotti che sono considerati per legge “alimenti non deperibili” ed in quanto tali soggetti all’indicazione in etichetta del termine minimo di conservazione, espresso dalla dicitura "da consumarsi preferibilmente entro (data)", che indica cioè  fino a quando un alimento conserverà le sue proprietà organolettiche se conservato adeguatamente. Questi alimenti sono soggetti per loro natura ad un lento, progressivo decadimento delle caratteristiche qualitative, fin dal momento in cui sono messi sullo scaffale di vendita. Il termine entro il quale si raccomanda di consumarlo deve essere inteso quindi come quello in cui la qualità del prodotto corrisponde suppergiù al livello minimo che il produttore vuole comunque assicurare e che non rappresentano comunque un problema per la salute dei consumatori".
"In realtà il continuo miglioramento del processo produttivo, del packaging e dei sistemi di conservazione nel settore alimentare hanno spostato molto in avanti nel tempo la possibilità di consumare in tutta sicurezza alimenti qualitativamente ancora validi che difficilmente saranno lasciati languire sullo scaffale oltre il termine di vendita previsto per l’elementare motivo che ciò rappresenterebbe un costo insostenibile per qualsiasi operatore del settore alimentare minimamente accorto. Se i consumatori sono informati dell’età del prodotto e delle caratteristiche qualitative che possono attendersi, fatta salva la garanzia di salubrità, non sembra ci sia quindi alcun motivo per impedirne l’acquisto a prezzo scontato".

Si tratta del tentativo dei Paesi del Nord Europa di tagliare gli sprechi alimentari che nell’Unione Europea hanno raggiunto il quantitativo record di 89 milioni di tonnellate di cibo sprecato. In realtà con la crisi si è registrata una storica inversione di tendenza e con quasi tre italiani su quattro (73%) che hanno tagliato gli sprechi a tavola nel 2013, secondo l’indagine Coldiretti/Ixe’. Tra chi ha tagliato gli sprechi l’80% fa la spesa in modo più oculato, il 37% guarda con più attenzione la data di scadenza e il 26% ha ridotto le dosi acquistate, ma sono il 56% quelli che riutilizzano quello che avanza. La tendenza al contenimento degli sprechi - precisa la Coldiretti - è forse l’unico aspetto positivo della crisi in una situazione in cui ogni persona in Italia ha comunque buttato nel bidone della spazzatura ben 76 chili di prodotti alimentari durante l’anno. Complice la crisi economica già oggi appena il 36% degli italiani dichiara di attenersi rigorosamente alla data di scadenza dei prodotti riservandosi di valutare personalmente la qualità dei prodotti scaduti prima di buttarli, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Gfk Eurisko dalle quali si evidenza peraltro che solo il 54% degli italiani controlla quotidianamente il frigorifero e il 65% controlla almeno una volta al  mese la dispensa.

In Europa, secondo le norme vigenti finora, sia i «secchi» che i «liquidi» possono essere potenziali veicoli di intossicazione se il loro consumo non avviene entro la data stabilita dai laboratori; in Africa, o in Asia, possono essere invece beni di lusso, cioè di sopravvivenza, a prescindere da qualsiasi scadenza indicata sulla confezione. E anche su questo si basa la motivazione etica che, insieme con quella economica, sarebbe alla fase del futuro provvedimento.


  • Michele Di Napoli
    Michele
    Responsabile presso ConsuLab IAMA sas di Michele Di Napoli & C.
    Credo che il Dr. Fabrizio De Stefani abbia centrato benissimo la sostanza della proposta: "In realtà il continuo miglioramento del processo produttivo, del packaging e dei sistemi di conservazione nel settore alimentare hanno spostato molto in avanti nel tempo la possibilità di consumare in tutta sicurezza alimenti qualitativamente ancora validi che difficilmente saranno lasciati languire sullo scaffale oltre il termine di vendita previsto per l’elementare motivo che ciò rappresenterebbe un costo insostenibile per qualsiasi operatore del settore alimentare minimamente accorto. Se i consumatori sono informati dell’età del prodotto e delle caratteristiche qualitative che possono attendersi, fatta salva la garanzia di salubrità, non sembra ci sia quindi alcun motivo per impedirne l’acquisto a prezzo scontato".

    Basta ripostare la data di produzione ed il terioramento nutrizionale nel tempo, fatta salva la garanzia di salubrità.
     Marcella Zanellato consiglia questo elemento
  • Angela Mecca
    Angela
    Medico Veterinario Consulente Piani Qualità e HACCP presso Aziende Alimentari
    L'argomento è di grande interesse e coinvolge tutti i settori: dall'industria al consumatore.
    Non vorrei sembrasse una frase fatta ma secondo me, in un'ottica di revisione, è importante puntare molto sull'"educazione" del consumatore, prima ancora che sulla semplice "informazione". Alla base di questa proposta vi è una certa implicazione emotiva ed etica che necessariamente coinvolge le fasce di popolazione alla luce della situazione economica che ben conosciamo per cui credo che, prima ancora di intervenire compulsivamente e sterilmente sulle etichette - sacrosanto e necessario, per carità - sarebbe il caso di intervenire sull'educazione al consumo, sui rischi, pericoli, qualità, nuova concezione del cibo, interpretazione critica delle informazioni in etichetta, fermo restante il fatto che tutto ciò venga già fatto.
    Secondo me, il rischio che si correrebbe nel fornire l'età del prodotto, sarebbe comunque un certo condizionamento psicologico ad acquistare il prodotto più "giovane" perchè di certo più salubre. Staremo a vedere.
  • Michele Di Napoli
    Michele
    Responsabile presso ConsuLab IAMA sas di Michele Di Napoli & C.
    Senza alcun dubbio tutto giusto, ma l'esperienza insegna che alcuni prodotti prossimi alla scadenza, parlo di alcuni giorni, sono venduti a costi più bassi in negozzi specializzati in tale vendita. i prodotti scaduti sono distrutti o se possibile rilavorati, ora un prodotto giunto al 50% della sua vita può trovare mercati alternativi ad un costo inferiore, senza per questo arrecare danno. ciao Michele

2014/05/21

A Berlino aprirà il primo supermercato a imballaggio zero


Tutto è partito dall'online, attraverso la piattaforma startnext.de e il progetto è interamente finanziato attraverso la raccolta pubblica di fondi online.
E già qui potremmo parlare di idea rivoluzionaria dove gli utenti di internet possono fare una donazione da 8 a 300 euro ricevendo in cambio buoni spesa riutilizzabili alla cassa del supermercato ma anche borse di tela con il logo dell'iniziativa e libri di ricette. Basti pensare che l'idea è stata messa online il 7 maggio scorso e ora ha già superato i 45mila euro di donazioni (obiettivo iniziale per far partire l'attività).

Ma la vera novità è che Original Unverpackt, così è il nome del progetto, sarà il primo supermercato aperto a Berlino a imballaggio zero e aprirà i battenti a inizio estate.
Il progetto è nato dall’idea di Sarah Lupo e Milena Glimbovski, due imprenditrici tedesche che vogliono mettere al bando il packaging dei prodotti.

Avrà le dimensioni di un supermercato, con oltre 600 prodotti tra cui scegliere, mentre gli imballaggi – riutilizzabili – saranno messi a disposizione dal punto vendita e non acquistati dal consumatore.

I prodotti saranno esposti in scatole e recipienti forniti al negozio direttamente dai clienti e si porteranno via in borse di tela o barattoli esclusivamente riutilizzabili, messi a disposizione dal supermercato.
Le persone, tornando nel negozio, potranno riutilizzare i contenitori per la loro spesa, oppure restituirli al punto vendita, che li darà (nulla va perso) ad un altro cliente.


L’obiettivo finale di Original Unverpack è la sostenibilità. Gli imballaggi dei prodotti, in particolare di plastica, sono un grave problema ambientale: secondo le statistiche dell’Ufficio federale della Germania, più di 16 milioni di tonnellate di rifiuti di imballaggio sono da smaltire ogni anno. Oltre allo spreco di risorse. Come si sa, la produzione di materie plastiche consuma grandi quantità di olio, acqua ed energia. Mentre le possibilità di riciclaggio sono limitate e il più delle volte i rifiuti di plastica vengono semplicemente bruciati.

Il nostro obiettivo è di consentire a tutte le persone l’accesso a cibi selezionati con cura, escludendo imballaggi a perdere, per uno shopping divertente. Vogliamo avere scelta, come consumatori, come venditori, come acquirenti e come fornitori. Siamo alla ricerca di slow food e di rifiuti zero" concludono Sarah e Milena.

2014/05/06

A Parma si parla di "CIBUS"

E' stata inaugura lunedì 5 maggio la 17esima edizione di Cibus, il Salone internazionale dell’alimentazione. 


 

Terminerà giovedì 8 maggio e si stima che arriveranno 1.000 top buyer da cento Paesi e circa 10mila operatori esteri, per un totale complessivo di 60mila operatori.

L'edizione Cibus 2014 ha fatto registrare il tutto esaurito degli spazi con 140mila mq di superficie lorda e 2.700 espositori.

L’anno scorso a fronte di un calo del 4% dei consumi alimentari in Italia, l’export tricolore dell’industria del food è cresciuto del 5,8% a 26,2 miliardi su 132 miliardi di fatturato.

Tra le novità di questa edizione un layout rinnovato con un percorso più fruibile e coerente per i buyer in visita; poi il marcato profilo multicanale di questa edizione cerca di coinvolgere tutte le realtà che ruotano intorno al prodotto alimentare italiano.

Spazio dunque al commercio al dettaglio, oltre che alla grande distribuzione, al food service e alla ristorazione fuori casa, ai prodotti biologici, gluten free, halal e kosher, alle Pmi regionali cui è dedicato un incoming specifico di buyer, alla ristorazione con il ruolo attivo di Alma, la Scuola di cucina internazionale.
 In agenda workshop, convegni ed eventi.